Cos’è il protocollo Fast Track e come viene applicato in chirurgia ortopedica

Il protocollo Fast Track, il cui sviluppo è iniziato negli anni ‘90 nel campo della chirurgia toracica, è un approccio multidisciplinare – vede infatti l’intervento di figure come l’anestesista e l’internista oltre che l’ovvio ruolo del chirurgo – che si propone di ridurre i tempi di ricovero ospedaliero e, di conseguenza, lo stress operatorio a carico del paziente. Tra gli indiscussi pro di questo protocollo è possibile ricordare anche la riduzione delle infezioni ospedaliere e delle complicanze perioperatorie in generale, con risvolti positivi sui costi sociali.

Si presta molto bene ad essere applicato nell’ambito della chirurgia ortopedica, contesto in cui vengono trattati pazienti che stanno mediamente bene e che, grazie alla riduzione dei tempi di ricovero, hanno la possibilità di iniziare prima il percorso riabilitativo finalizzato alla ripresa rapida della vita condotta prima dell’intervento.

Il coinvolgimento del paziente e la riduzione dei rischi

Per ottimizzare il protocollo Fast Track è necessario partire con un coinvolgimento del paziente e dei suoi familiari. Senza questo aspetto, è molto difficile riuscire a raggiungere gli obiettivi. Essenziale è anche “lavorare” di ottimizzazione delle condizioni pre ricovero. Esistono infatti diversi fattori che possono favorire l’insorgenza di complicanze.

In questo novero è possibile includere il fumo di sigaretta e il consumo di alcolici, ma anche i disturbi di ansia e gli stati di malnutrizione e obesità. Da non trascurare sono anche i rischi dell’anemia preoperatoria, contingenza correlata spesso a una maggior necessità di ricorrere alle trasfusioni.

 

Cosa succede il giorno del ricovero

Le linee guida del protocollo Fast Track in ortopedia prevedono che il giorno stesso del ricovero venga eseguito l’intervento. Essenziale è ricordare anche che viene eseguita l’anestesia periferica, in modo da agevolare il successivo percorso di ripresa funzionale.

Quando si parla dell’intervento vero e proprio, è essenziale fare presente che l’equipe chirurgica pone molta attenzione alla coagulazione dei vasi generalmente responsabili degli episodi di sanguinamento. In linea di massima, l’atto chirurgico non è molto differente da quello standard e deve essere caratterizzato da un rispetto dei tessuti molli e del tessuto osseo.

Nel caso specifico dell’impianto di protesi all’anca, se la muscolatura e il peso del paziente permettono di farlo, il chirurgo può optare per un accesso mini invasivo, come per esempio la via anteriore.

In generale, si cerca di evitare il drenaggio. Il chirurgo procede anzi all’esecuzione di suture stagne della capsula articolare. Questo è molto importante, in quanto consente, nell’eventualità di un sanguinamento, di aumentare la pressione articolare, favorendo di conseguenza l’arresto della perdita ematica. Inoltre, onde evitare il ricorso eccessivo al catetere venoso periferico, in caso di sintomatologia dolorosa si tende a ricorrere alla somministrazione di farmaci antidolorifici per bocca.

 

Cosa sapere sul post operatorio e sulla ripresa

Entrando nel dettaglio del post operatorio e della ripresa si ricorda che, trascorse circa tre ore dall’operazione – più o meno quando iniziano a scemare gli effetti dell’anestesia – il paziente viene invitato a sedersi e a camminare nei pressi del letto operatorio con l’aiuto del deambulatore e l’assistenza di personale infermieristico.

Il giorno successivo parte la fase di assistenza da parte del fisioterapista, che inizia con l’esecuzione di semplici esercizi mantenendo il paziente operato a letto. Il percorso in questione prevede anche la deambulazione per tratti contenuti con l’aiuto di stampelle. In tale frangente, se le condizioni del paziente lo consentono si procede con un incremento graduale, in modo da favorire il raggiungimento di una via via maggiore autonomia negli spostamenti.

A circa 3/4 giorni dall’intervento e tenendo conto del raggiungimento degli obiettivi prefissati, il paziente viene dimesso e ha la possibilità di proseguire il percorso di riabilitazione con le indicazioni fornite dal chirurgo ortopedico.